Musica in streaming mondo dorato? Chiedete a chi ha investito 125 M di dollari in Rdio

Rdio

125,7 M $ raccolti.

Si, avete letto bene. Centoventicinque virgola sette milioni di dollari.

Founder da paura: i miliardari già creatori (con relative exit alle spalle) di  Skype e Kazaa.

Tutto facile sembrerebbe no? Finanziamenti, mercato emergente, team straordinario.

Ma allora perché con questo mix perfetto si è arrivati al fallimento in poco più di 3 anni?

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Altri 20 milioni di $ andati in fumo: Dot & Bo non ce l’ha fatta

Dot & Bo

Fa sempre un certo effetto scrivere di un’azienda che non è riuscita a raggiungere i suoi obiettivi e a chiudere i battenti. Se poi questa azienda l’avevi conosciuto e avevi apprezzato il livello di servizio e dei prodotti offerti, beh il dispiacere raddoppia.

Il mercato ecommerce dell’ “home furniture” (tradurlo in italiano suona bruttissimo) negli Stati Uniti (come in Europa del resto) è già ben presidiato, con alcuni operatori molto aggressivi sia a livello di offerta sia a livello di prezzo.

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Il segreto per il successo di una startup?

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Tra le migliaia di fallimenti che ho studiato in questi anni,  qual’è stata la tipologia di startup che non ho mai visto fallire?

Quella che produce un prodotto / servizio 10 volte meglio della concorrenza, o ad un costo 10 volte più basso, o con 10x di add-on, o con un team che è 10 volte migliore della concorrenza.

Questa regola l’ho poi fatta mia completamente quando a maggio sono stato all’Executive Program della Singularity University, dove il tema 10x è esploso all’ennesima potenza.

Volete essere sicuri di avere tra le mani la startup che “riuscirà”? Bene, chiedetevi se ha il fattore 10x.

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Super valutazioni di una startup in fase di seed: è uno dei problemi?

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Sempre più in questi anni leggo di e (qualche volta) investo in startup la cui valutazione già a 2-3 mesi dal lancio è di 1,  2 o più miliori di euro.

Addirittura da parte di chi non ha track record alle spalle, o curriculum che facciano ben sperare.

E non sto parlando ovviamente di società ad elevato contenuto tecnologico/robotica, magari coperta da brevetti. No, mi riferisco alle centinaia e centinaia di iniziative che spuntano come funghi in Italia da parte di neo imprenditori che, a furia di leggere centinaia di articoli su quanto sia bello fare la startup e credo anche ispirati dal mito dell’Eldorato (leggasi EXIT MILIONARIA) sono indatti a credere e credono che start-app = startup = impresa.

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WiGo: l’ennesma start-app passata da 14M di $ di valutazione a 0 in pochi mesi

wigo

Solo pochi mesi fa c’erano ancora titoloni su WIGo (Who is going out?), un app creata nel 2013 che aveva l’obiettivo di diventare un punto di riferimento per gli incontri tra studenti ed ex studenti dentro e fuorl’università.

A Giugno 2015 anche Techrunch raccontava come l’app ora fosse disponibile anche ai non studenti.

Ma ho saputo in questi giorni che hanno chiuso. Over.

L’ applicazione era diventata di forte tendenza  all’inizio di quest’anno, rendendo i ragazzi del college impazienti di usarla grazie anche ad alcune trovate intelligenti create per rendere l’applicazione virale.

Wigo

Dopo soli 13 mesi dalla sua ideazione, WiGo era riuscita ad avere un finanziamento per 1,4 milioni di $ su una valutazione premoney di 14.  E stelle del settore fin tech come il fondatore di Kayak (Paul English) e i co-fondatori di Tinder (Sean Rad e Justin Mateen) ci avevano credoto ed investito.  Anche i mitici Elie Ballas ed Elliot Tebele, star comiche su Instagram, avevano preso delle quote.

Ma tutto questo non è servito. L’ app  è stata spenta spenta ma il team Wigo, guidato dal carismatico 23enne Ben Kaplan, è caduto in piedi. O almeno sembra, visto che si sono uniti con un’altra app di grande successo per gli studenti di college,  Yeti Campus Stories.

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Yeti ha solo sei mesi ed è conosciuta come un “clone di Snapchat vietato ai minori” dove contenuti sessuali e violenti, banditi su Snapchat, sono autorizzati. Si insiste sul fatto che i suoi utenti debbano avere almeno 17 anni e si avvisa relativamente a contenuti come parolacce, violenza, uso di alcol e droghe.

Wigo e Yeti stanno cercando di unire i rispettivi asset per massimizzare la value proposition. Mentre l’obiettivo di Wigo era quello di aiutare gli amici a pianificare il loro tempo insieme, ma anche di documentarlo, Yeti si concentra sulla condivisione degli scatti di quei momenti divertenti, e aiuta anche i ragazzi del college a trovare la loro festa.

Nelle ultime due settimane, Yeti è stata l’app di social-networking più in rapida crescita sullo store di iTunes, secondo App Annie.

Però questa breve storia porta con se molte domande e altrettanti punti interrogativi:

– Wigo non poteva integrare anche le funzioni di Yeti, visto che aveva già raccolto soldi e non mancavano le disponibilità, e un’attenta focalizzazione sul mercato avrebbe dovuto far capire le tendenze in atto?

– Yeti, riuscirà a non commettere lo stesso errore di Wigo?

– Ma qualè il modello di business reale di quesi social? Come sempre…. intanto non c’è modello di ricavi poi faremo “servizi premium”….

– Come hanno bruciato il quasi milione e mezzo di dollarini ottenuto come finanziamento in (molto) meno di un anno?

E infine, ma questo è un tema più ampio e riguarda anche il nostra Paese: quando si metterà fine a valutazione esagerate in fase di seed?

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ChicChickClub: la triste storia di un fallimento fashion

ChickChickClub logo

Un sito di e-commerce per la vendita online di accessori che fallisce? I casi sono due, o le donne hanno smesso di comprare scarpe e borse – eventualità che non credo si verificherà mai – oppure i creatori di ChicChickClub hanno sbagliato qualcosa. Vediamo cosa.

Questa azienda nasce a Berlino nel novembre del 2011 da un’idea di Team Europe, incubatore e creatore di startup europeo, nonché azionista di Venture Village. Gli utenti di ChicChickClub avrebbero potuto comprare scarpe ad accessori a partire da 49,95 euro.
Con tutti i cataloghi ed i negozi che affollano il web, vi starete chiedendo, cos’aveva di speciale CCC da convincere il pubblico femminile a preferirlo ad altri competitor? La risposta è semplice: uno stockroom personalizzato per ogni utente, inviato via mail ogni mese, perfettamente in linea con le preferenze espresse tramite lo style-quiz che veniva compilato al momento dell’iscrizione. Dietro questo style check maestri di fashion come Séraphine de Lima, Jennifer Hahn e Mads Roennborg.

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Wodache, una carpooling startup a Beijing

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In un periodo dove i fenomeni di car pooling come Blablacar sono sempre più sulla cresta dell’onda, interessante l’esperienza in Cina di tre giovani americani.

Traffico congestionato, inquinamento dei gas di scarico e prezzi del carburante alle stelle. Tre giovani imprenditori hanno provato a trasformare gli incubi peggiori degli abitanti di Beijing in una grande opportunità. Eric Wang, James Hu e Jeff Hsu, infatti, nel 2011, hanno deciso di spostarsi dagli Stati Uniti per andare in Cina e dar vita ad un progetto chiamato Wodache: una piattaforma di carpooling che avrebbe dovuto facilitare la vita ai cittadini della capitale orientale.

L’idea era venuta ad Eric mentre era in vacanza in Grecia nel 2010. Qui, tra mare e spiaggia, lo startupper specializzato in investimenti bancari aveva sentito la notizia di una congestione stradale che partiva dalla Mongolia per arrivare fino a Beijing. “Cose da pazzi”. Eric decise di porvi rimedio con l’aiuto di James, amico di vecchia data che lavorava per la Microsfot, e di Jeff, già dipendente Apple.

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