ChicChickClub: la triste storia di un fallimento fashion

ChickChickClub logo

Un sito di e-commerce per la vendita online di accessori che fallisce? I casi sono due, o le donne hanno smesso di comprare scarpe e borse – eventualità che non credo si verificherà mai – oppure i creatori di ChicChickClub hanno sbagliato qualcosa. Vediamo cosa.

Questa azienda nasce a Berlino nel novembre del 2011 da un’idea di Team Europe, incubatore e creatore di startup europeo, nonché azionista di Venture Village. Gli utenti di ChicChickClub avrebbero potuto comprare scarpe ad accessori a partire da 49,95 euro.
Con tutti i cataloghi ed i negozi che affollano il web, vi starete chiedendo, cos’aveva di speciale CCC da convincere il pubblico femminile a preferirlo ad altri competitor? La risposta è semplice: uno stockroom personalizzato per ogni utente, inviato via mail ogni mese, perfettamente in linea con le preferenze espresse tramite lo style-quiz che veniva compilato al momento dell’iscrizione. Dietro questo style check maestri di fashion come Séraphine de Lima, Jennifer Hahn e Mads Roennborg.

Nel 2012 tutto sembrava andare per il meglio, tanto che CCC poteva vantare più di 20.000 utenti iscritti, più di 7.000 fan Facebook e una nomination per il Lifestyle Award del magazine tedesco Joy.

Cosa ha portato, dunque, la startup di Team Europe ad essere svenduta al concorrente JustFab nel 2013? Ecco alcuni dei fattori cruciali:

  • troppa concorrenza: il portale sarà stato anche molto chic e molto esclusivo, ma non era certo l’unico a proporre agli utenti consigli di stile personalizzati accanto alla possibilità di fare acquisti online. Qualche esempio? ShoeDazzle, curato dalla celebrità statunitense Kim Kardashian che, tra l’altro, pianificava di espandersi in Francia e Germania e Stylistpick, della diva pop ed icona di stile Cheryl Cole. Si sa che è il nome che conta, a CCC sarebbe servito, dunque, qualche punto di forza in più per differenziarsi dai competitor, diventare unico ed offrire al consumatore un servizio del quale non avrebbe potuto fare a meno;
  • target troppo specifico e ristretto: “ChicChickClub risponde ad un concept di curated shopping indirizzato a donne molto appassionate di moda, in special modo scarpe, borse ed accessori” da questo comunicato stampa si capisce che il pubblico al quale si indirizzava la startup era molto circoscritto. È vero che quasi tutte le donne sono accessorio-dipendenti, ma forse presentarsi in maniera più accessibile a tutto il pubblico femminile avrebbe aiutato la startup ad aumentare gli introiti;
  • prezzi: questo problema è strettamente legato al precedente. La proposta iniziale di CCC era un prezzo minimo di 49,95 euro, abbassato poi a 19,95 euro, per provare a raggiungere un pubblico più vasto e dalle possibilità economiche più disparate. Il problema? La startup non riuscì comunque ad attrarre nuovi utenti e il suo margine di profitto invece di aumentare, diminuì;
  • trovare un CEO: pochi mesi dopo la creazione di CCC, l’allora CEO Nikolaus Meyden lasciò la startup, probabilmente dopo essersi reso conto che non ci sarebbe stato un grande margine di successo. Servì quasi un anno per trovare Ebony Morczinek, imprenditrice proveniente da Harvard, per rimpiazzare il CEO uscente. La startup, però era rimasta troppo tempo senza una guida, senza un piano preciso, ed era ormai troppo tardi per rimetterla in piedi.

Che dire di più? ChicChickClub, sito di e-commerce esclusivo per vere patite di moda ha dovuto cedere il passo a competitor forse meno fashion, ma sicuramente più organizzati. Ribadisco, ancora una volta, che avere un’idea brillante non basta, per vedere i frutti del proprio lavoro si deve essere in grado di gestirla ed amministrarla al meglio.

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