Fab: come un social network per gay si è trasformato in un sito e-commerce da un miliardo di $, poi andato in pezzi

Fab

Si sono abbattute in questi ultimi giorni brutte notizie su Fab, la combattiva startup di e-commerce: l’azienda tramite e-mail ha comunicato a molti suoi dipendenti di non presentarsi al lavoro oggi, probabilmente prima degli ultimi licenziamenti di cui si vociferava la scorsa settimana a New York City. La società taglierà tra 80 e 90 posti di lavoro solo a New York, lasciandovi una squadra di una trentina di dipendenti e, globalmente, circa 200 persone. Cioè una notevole riduzione rispetto ai 700 dipendenti di meno di un anno fa.

Questa fulminea spirale verso il basso si misura con l’ugualmente rapida ascesa della società: a un anno dal lancio aveva raccolto 172 milioni di dollari ed era vista come il bambino prodigio nel mondo dell’e-commerce. Guardando indietro, la storia è abbastanza incredibile.

Dopo essere stata il cardine di un social network per gay, il 9 giugno 2011 Fab ha avviato il suo nuovo sito di vendite flash su invito. All’inizio era esclusiva e solo su invito e dava benefici accessori agli utenti che invitavano i propri amici. Dopo tutta la promozione prelancio, nel primo giorno aveva venduto merci per $65.000 e raggiunto vendite per 1 milione di dollari dopo soltanto 18 giorni di vita.

Dopo circa un mese con $8 milioni, ottenne la Serie A dalla Menlo Ventures e dopo soltanto 5 mesi dall’avvio giunse a un milione di utenti. Fu una incredibile crescita, se paragonata a quella di altri siti di acquisti dello stesso ramo: a Gilt Group ci vollero due anni per giungere a 1 milione di iscritti e a One King’s Lane un po’ di più. Dopo due mesi giunse a 2 milioni di utenti.

Gli investitori facevano la fila per versare denaro nella startup. A dicembre, Fab ricevette un finanziamento di $40 milioni da Andreessen Horowitz per una valutazione di $200 milioni e l’AD Jason Goldberg affermava che aveva scelto Andreessen fra più di 15 nuove imprese a capitale di rischio che volevano partecipare alla partita. La valutazione di $200 milioni era il quadruplo della stima delle entrate della startup di $50 milioni.

Fab
In seguito nel 2012, Marc Andreessen indicò Foursquare, Pinterest e Fab come le prossime tre grandi società di svolta e definì Fab un “killer nel settore dell’e-commerce.”

Questo era un periodo in cui il modello di offerte del giorno aveva già iniziato ad apparire in difficoltà. Groupon sembrava dovesse fallire, Gilt Groupe era in stallo, Living Social stava riscontrando problemi. Facebook e Yelp avevano entrambi eliminato i loro tentativi di offerte del giorno dopo aver definito che quel modello di impresa non era sostenibile. Ma gli investitori erano convinti dalle dimensioni in rapida crescita del sito.

L’AD di Fab Jason Goldberg stava facendo circolare dichiarazioni, come caramelle, di un’azienda florida e rilasciando interviste schiette in cui raccontava ai giornalisti di come la società fosse “schiacciante” e che “ogni investitore e la loro casa madre” stavano bussando alle porte di Fab. In quell’estate l’azienda ottenne la Serie C con altri $105 milioni. Aveva 200 dipendenti a New York e globalmente altri 200.
La società aveva grandi progetti. Vedeva se stessa sfidare Ikea e destabilizzare l’idea di design e di spazio dell’arredo d’interni, e voleva espandersi in altri paesi in modo aggressivo. Incentrava l’attenzione sui cellulari (a luglio 2012, il 35% delle visite quotidiane sul sito Fab di utenti statunitensi riguardavano gli smartphone) e diffondeva la voce sul sito attraverso i social network ma anche con la pubblicità tradizionale. Il 90% di tutti i prodotti Fab non erano venduti su Amazon né su altri siti web.

Fab Home Page
Alla fine del 2012, vantava orgogliosamente 10 milioni di iscritti, e vendite per $100 milioni, con prodotti spediti in 26 paesi.

Ma nel mercato interno, il modello di vendita flash non funzionava come l’azienda sperava. Sebbene la società vendesse molti prodotti, dal punto di vista dei costi e della logistica era troppo difficile da sostenere economicamente, affermava lo scorso anno il consigliere di amministrazione Allen Morgan a Jim Edwards del Business Insider. I margini lordi su ogni vendita erano buoni, affermava Morgan, ma quel profitto era velocemente divorato dai costi operativi, come quelli per il marketing e per il personale. Risultava che il modello di offerte del giorno non fosse realmente sostenibile e che la maggior parte delle sue entrate non provenisse dalle vendite flash.

Goldberg e il team iniziarono a pianificare un riassetto. Nell’aprile 2013, la società annunciò una svolta e l’acquisizione di una società tedesca di mobili su misura. Tutto iniziò permettendo ai designer di creare pagine sul sito Fab per vendere i loro lavori esclusivi e iniziarono anche a vendere mobili personalizzati — si stava avviando la produzione in proprio. Venne aperta una propria agenzia immobiliare in Germania. Il suo carattere particolare era rappresentato dall’essere un’agenzia di progettazione globale (non solo di arredamento di interni), comprendente sia la moda che il mobile.

Nel giugno 2013, ottenne altri $150 milioni nella prima parte del suo ciclo in Serie D in base a una valutazione di 1 miliardo di dollari, con progetti per più di $100 milioni. Quell’ulteriore round lo ha reso il sito e-commerce con i più alti finanziamenti nella storia. Globalmente aveva circa 700 dipendenti.

A questo punto, la gente ha iniziato a mettere in mostra le proprie preoccupazioni per l’affare. Alcuni degli splendori dorati stavano svanendo: Perché Fab ha bisogno di tutti questi soldi?

Si stava espandendo troppo velocemente. Non era più vantaggiosa. Quell’anno aveva speso $40 milioni nel marketing, uno sbalorditivo 35% delle entrate. La società ripeteva di attendersi entrate per $250 milioni alla fine del 2013, ma aveva appena perso il 20% delle sue entrate previste nel 2012. Il traffico sul sito è andato diminuendo già dalla fine del 2012, secondo i dati Alexa. Le persone volevano conoscere la stima della riduzione della società.
Goldberg ha provato ad attenuare le preoccupazioni rivelando margini di guadagno lordo del 43% e affemando che i margini di contribuzione di Fab (l’importo al netto di tutti i costi di spedizione dei prodotti ai consumatori) erano del 20%, mentre quelli di Amazon erano a una sola cifra.

Ma a luglio 2013 la società ha licenziato più di 100 dipendenti in Europa, che rappresentavano circa il 15% della sua forza lavoro. Goldberg aveva affermato che il 40% delle vendite di Fab avveniva fuori dagli Stati Uniti e che Fab incentrava l’attenzione sui tagli per l’espansione globale, e questa mossa sembrò strana, ma l’amministrazione citava l’eccessivo lavoro come causa dei tagli. Inoltre, dichiarò ufficialmente che si stava abbandonando il modello di offerte del giorno una volta per tutte. L’azienda chiarì che il suo nuovo gruppo di investitori sapeva dei licenziamenti e del nuovo modello di impresa nel momento in cui prendeva la decisione di dare a Fab i propri fondi. Alla fine dell’estate, erano stati raccolti altri $15 milioni.

Siccome il team Fab si trovò un po’ nel panico, Goldberg fece la mossa molto coraggiosa di rinunciare al modello di vendite flash ed effettuare una nuova svolta, ma non farlo avrebbe portato l’azienda ai minimi termini. Aveva essenzialmente raccolto $117 milioni per un modello di impresa che non avrebbe funzionato.

Dopo i tagli in Europa, continuarono a giungere notizie di licenziamenti. Fab tagliava il personale di 100 unità a ottobre, e di altre 50 a novembre. Era scesa a circa 380 dipendenti. Perse il suo cofondatore, Bradford Shellhammer, che era stato il responsabile dell’attento controllo di ogni prodotto venduto sul sito e il suo Direttore Operativo, Beth Ferreira. La società spiegava chiaramente che la strada per la redditività diventava più importante dei numeri della crescita che Goldberg era solito ostentare in ogni occasione.

Questi licenziamenti furono sentiti particolarmente brutali poiché, sin dall’inizio, Fab aveva reso un punto di rilievo il fatto di quanto fossero importanti i dipendenti per l’azienda. Aveva ingannato tutti nei suoi uffici di New York City con una birra alla spina e una macchina per gelati. Una della sue sale riunione aveva carta da parati gratta e annusa.

Uno dei suoi sei principi per “costruire un marchio di lunga durata e un’impresa e-commerce multi miliardaria in un mondo Amazon” era di “essere la migliore società per cui lavorare.”

Anche prima dei tagli, vi erano state alcune storie horror a proposito della gestione di Fab. Goldberg minacciava di dare fuoco ai dipendenti che non avessero caricato le fototessere online e svergognò pubblicamente uno per aver lasciato in disordine l’appartamento modello dell’ufficio.

Dopo tutti i tagli, comunque, il morale era estremamente basso. Sembrava come se fosse l’unica volta in cui l’azienda faceva un comunicato che annunciava altri licenziamenti. A novembre fu annunciato un taglio di altri 85 dipendenti a partire da febbraio.

Dall’inizio del 2014, il sito europeo di Fab cominciò a vendere solo mobilia personalizzata, invece del grande assortimento di prodotti di design che aveva una volta, oscurando inoltre la previsione del suo obiettivo di diventare un marchio globale dominante.

In quel momento, Goldberg scrisse un post sul blog molto prolisso sulla questione con ciò che pensava dell’impresa Fab nell’insieme, che diceva di aver tentato di far crescere troppo velocemente in Europa.

I tagli aggiuntivi annunciati ieri sono solo un altro brutto segno dopo un tale declino rapido durato sei mesi. Se si guarda ad esso in maniera elevata, la storia della società sembra pressoché semplice: Fab ha raccolto un sacco di soldi grazie a un brutto modello di business.

Ha tentato la svolta. Il cambiamento significò maggiori licenziamenti, morale basso, cattiva stampa, tutto senza una reale prova che la nuova direzione stesse lavorando meglio dell’ultima.

Forse Fab avrà ancora successo, come Goldberg e il suo consiglio di amministrazione insistono che possa accadere. Ma ripensando al turbinio degli ultimi due anni, non credo sarà questo il caso.

3 Comments

  1. Ma questi i soldi come glieli hanno dati??? Possibile che non si siano accorti del fatto che il business non era sostenibile??

    Reply
  2. Ciao Gabriele, e vedrai quando scoppia in Italia il fenomeno startup. Troppa finanza in giro, troppo eccesso di soldi

    Reply
  3. Ciao Andrea! finalmente qualcuno parla di fallimenti e non solo di casi di successo, capire le motivazioni di entrambi è fondamentale! Mi piacciono molto i tuoi articoli, e li apprezzerei ancora di più se fossi maggiormente “tecnico”, nel caso in questione: cosa rendeva il modello di business di questo e-commerce non sostenibile rispetto a quelli di successo? l’adv aveva minor conversione, costi di personale, minor scalabilità per i servizi offerti, etc.? Grazie per il tempo che impieghi a diffondere competenze ed esperienza!

    Reply

Leave a Reply to Gabriele Cancel reply