Imprenditori seriali? Tanti successi ma…. anche flop clamorosi

Alice.com bankrupt

Nameprotect, Jellyfish, BizFilings. No, non sto dicendo parole a caso, sto solo elencando alcune delle startup create e poi vendute da Brian Wiegand, un personaggio da manuale che potremmo quasi definire un “imprenditore seriale”. A questa lista di società si sarebbe dovuta aggiungere anche Alice.com, una piattaforma di vendita al dettaglio di prodotti per la casa. Questa volta, però, la ricetta del successo di Wiegand non ha funzionato e la startup è fallita. Vediamo il perché.

Alice

“Io e Mark abbiamo lasciato Microsoft più o meno un anno fa, dopo la loro acquisizione della nostra ultima startup Jellyfish.com”. Nel 2009, poco dopo il lancio di Alice.com, Wiegand e il suo compagno d’avventura Mark Mcguire, erano ancora molto sicuri di se stessi e della bontà della loro startup. Sembra che, all’epoca, il pensiero fisso dei due colleghi fosse uno solo: perché nessuno compra carta igienica online? Da qui l’idea e lo slogan di Alice.com: “Never run out of toilet paper”. Portare il commercio dei Consumer Packaged Goods ( o CPG) su Internet divenne il nuovo obiettivo di Wiegand e Mcguire.

Nel primo periodo, Alice.com, forte soprattutto dell’ottimo curriculum dei suoi fondatori, riuscì a raccogliere finanziamenti per 18 milioni di dollari. Nel 2012, inoltre, un gruppo spagnolo decise di investire altri 3,6 milioni di dollari nel progetto, dopo una fusione della startup con la società spagnola Koto.com.

I presupposti di partenza della startup erano tutti ottimi. Wiegand e Mcguire si erano fatti ottime domande per creare una startup convincente e si erano dati altrettanto ottime risposte:

–        perché il commercio CPG non è sviluppato su Internet? A causa dei costi di spedizione, spesso più onerosi dei prodotti stessi. Meglio eliminarli;

–        come fare a fidelizzare gli utenti? Facendo in modo che un cliente possa pianificare il prossimo acquisto di un bene in base alla sua previsione di quando ne avrà di nuovo bisogno, con tanto di alert mandato all’indirizzo mail dell’utente;

–        come fare soldi con l’e-commerce? Visto che la forza di questo tipo di commercio sta nel mantenere pezzi bassi, meglio pianificare di ricavare soldi con i banner pubblicitari seguendo il Google click model, senza trattenere alcuna percentuale sulla vendita effettiva Dei prodotti;

–        Come attirare fornitori? Convincendoli che, ciò di cui hanno bisogno per rinnovare i propri affari, è un rapporto più diretto con il consumatore finale, grande vanto di Alice.com.

ALICE.COM

Eccoci, dunque, alla solita, fatidica domanda: perché tutte queste più che rassicuranti premesse si sono risolte con un niente di fatto? Da quello che si legge su internet, dopo la chiusura di Alice.com, McGuire sostiene di aver lasciato il suo ruolo nella startup e di non essere nella posizione di fornire alcun dettaglio riguardo la bancarotta. Wiegand, dal canto suo, si nasconde dietro il no-comment. L’unico ad aver detto qualcosa è stato Wrycha, l’avvocato dei due: “La compagnia aveva bisogno di atri capitali per finanziare la sua operazione, ma non è stata in grado di raccogliere soldi dagli investitori con successo. Il Chapter 11 è stata l’ultima spiaggia”.

Mancanza di soldi, quindi? Probabilmente il piano di ricavare solo con i banner pubblicitari non ha fruttato abbastanza da poter mantenere viva Alice.com. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata senza dubbio questa, alla quale si devono sommare altri fattori, uno dei quali è sicuramente la particolarità del mercato nel quale si sono inseriti. Forse comprare carta igienica, dentifricio e beni simili online non è proprio una grande idea, visto che si tratta di prodotti di utilizzo immediato, dei quali è difficile pianificare l’acquisto. La mia convinzione, in ogni caso, è che l’errore più grande sia stato fatto a monte: creare startup solo per venderle, denota mancanza di interesse e di passione. “Secondo voi abbiamo iniziato Alice.com perché ci piaceva vendere carta igienica? No! Perché vedevamo in quel mercato la possibilità di fare soldi”. È Wiegand stesso ad affermarlo in un post del suo nuovo progetto Nexxt.

Speriamo che nella presentazione che Wiegand e Mcguire hanno fatto al Forward Technology Festival di Madison intitolata “How to start-up a web company that Microsoft wants to buy” i due imprenditori si siano ricordati che solo umiltà, passione e voglia di riuscire spingono a mettercela tutta per portare al successo una startup. Se manca questo, il fallimento è dietro l’angolo.

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