10 settembre 2013, dal blog di Turntable: We love interacting and DJing with our community. Turntable is incredibly important to us (…). We aren’t trying to kill it, you are watching us fight for it.
22 novembre 2013, dal blog di Turntable: As much as we all love turntable.fm, we have decided to shut it down to fully concentrate on the Live experience.
Quando si dice la coerenza.
Per una volta non parlerò di una startup completamente fallita, ma di un progetto nato con un obiettivo e che si è ritrovato poi a focalizzarsi su un altro.
Non è la prima volta che cito casi di startup in cui il focus non viene centrato fin dal primo momento, un fattore che, nella stragrande maggioranza dei casi, porta a morte certa dell’azienda stessa se i fondatori non capiscono l’importanza di essere flessibili e in grado di modificare il modello di business. I founder di Turntable, invece, sono stati fortunati: nonostante il fallimento della loro idea-madre, hanno visto la luce in fondo al tunnel implementando una nuova piattaforma nata da quella che sono stati costretti a sopprimere.
Ma partiamo dal principio.
Nel 2011 Billy Chasen e Seth Goldstein si lanciano in un’impresa dedicata alla musica in social streaming, Turntable.fm. Grazie a questa piattaforma gli utenti potevano caricare e condividere musica di diversi artisti, anche sconosciuti, ma non solo. La novità era la possibilità di trasformarsi in DJ e “mixare” diversi pezzi da condividere con le altre persone, virtualmente presenti nelle diverse room tramite divertenti avatar.
L’idea è subito piaciuta agli appassionati di musica: potevano scegliere se essere semplici ascoltatori o se mettersi in gioco in prima persona come DJ. I miglioramenti al servizio, inoltre, erano costanti: le “stanze” potevano contenere sempre più utenti senza rallentare il servizio, l’interfaccia diventava sempre più user friendly, venne creata Piki, una versione più semplice e che richiedeva meno attenzione del player originale e gli avatar diventavano sempre più particolari e diversificabili tra loro.
Ma il 2 dicembre, nonostante tutto questo lavoro, Turntable.fm chiuderà comunque i battenti.
Il motivo è molto semplice: Chasen e Goldstein hanno deciso di tagliare quello che prevedevano sarebbe diventato il ramo secco dell’azienda per dare maggiore speranza di vita ad un progetto che prometteva grandi cose, Turntable Live.
Questa seconda vita di Turntable, l’unica che rimarrà on line, permette lo streaming di concerti live con il plus per gli utenti che partecipano all’evento di poterlo commentare in diretta. Il successo immediato di questa iniziativa, sia presso gli ascoltatori che presso gli artisti emergenti, ha dato il colpo di grazia a Turntable.fm. Il fratello nato come semplice implementazione si è mangiato il primogenito.
Perché?
Prima di tutto i soldi non bastavano per tenere in piedi il servizio. Che novità. Moltissime startup dedicate alla musica non riescono a monetizzare l’interesse del pubblico. Quasi mai l’equazione tanti appassionati = tanti soldi corrisponde a realtà e Turntable.fm non faceva differenza. Non era a pagamento (al contrario della versione Live) e i ricavi venivano solo da pubblicità e dalla possibilità di abbonarsi alla versione gold. Un introito davvero irrisorio rispetto alle spese sostenute in termini di collaboratori, pubblicità e royalty alle varie labels.
Secondo: i creatori non hanno tenuto conto della “pigrizia” dell’ascoltatore-medio. Chi utilizza i player gratuiti on line vuole principalmente questo, un player gratuito on line. E basta. Non vuole fare il DJ, chattare con gli altri utenti o partecipare in qualunque altro modo. Lo zoccolo duro è fondamentalmente formato da persone che vogliono solo un sottofondo musicale mentre sono occupati a fare altro.
Terzo: per abbattere le spese, l’upload delle canzoni non poteva essere fatto direttamente, ma soltanto attraverso SoundCloud, una piattaforma audio. Costi abbassati per l’azienda, certo, ma procedura più impegnativa per gli utenti, che non vedevano un guadagno immediato in questa operazione. Proprio l’esatto opposto.
Se a questo si aggiunge che i fondatori non solo non erano particolarmente affiatati tra loro ma che, inoltre, Chasen non era neppure appassionato di musica… (vi ricorda nulla?)
Insomma: mentre stringevano i cordoni della borsa risparmiando sui metodi di upload (a danni dell’utente), avevano una vera e propria emorragia di denaro dal lato dei versamenti verso le labels e gli artisti coinvolti.
Cercavano di accontentare il cliente con implementazioni varie, provavano a compiacere le etichette e i musicisti, volevano guadagnare il massimo… Grasp all, lose all.
Ora come ora la scelta di investire le proprie risorse operative ed economiche in Turntable Live potrebbe essere la strada giusta per avviare un’impresa di successo, certo.
Ma un paio di interrogativi comunque rimangono.
Anche se è comprensibile questo shift da un progetto all’altro, non si capisce perché quello che si è rivelato essere il migliore non possa fare da apripista all’altro. La piattaforma di Turntable.fm è completamente formata e perfettamente funzionante. Perché non sfruttare l’improvvisa notorietà della versione Live per trainare anche l’altra? I guadagni potrebbero essere ripartiti tra le due, magari con un occhio di riguardo per quella che sembra essere la più gettonata. Il Live non potrebbe diventare l’anticamera perfetta per pubblicizzare la funzionalità DJ di Turntable.fm?
Che dire, better safe than sorry? Ma nel mercato non sempre la scelta più sicura si rivela essere quella vincente. Spero soltanto per Chasen e Goldstein che non si trovino improvvisamente senza artisti pronti ad esibirsi on line o senza un audience pronto a pagare per ascoltarli.
Il piano B se lo sono già giocato. Non credo abbiano, o avranno, un piano C.
Davvero interessante l’idea ed il tuo articolo.
Complimenti
Non conoscevo il servizio di Turntable e devo dire che proprio pensando al mio progetto questa loro esperienza mi interessa molto.
Sicuramente hanno fatto tutte le loro considerazioni e maturato che, come dici anche tu:
– il servizio offerto prima aveva dei costi
– non generava entrate sufficienti
Ma come dici giustamente tu: “Ma va?!” Sono cose che si devono preventivare e saper accettare nell’ottica di uno sviluppo successivo. O forse il modello di business che avevano pensato era completamente cannato…
Soltanto che mi pare che il nuovo progetto sia stato pensato così:
– abbiamo un buon bacino di utenti (anche se non è detto che tutti siano interessati a investire o partecipare in questa nuova piattaforma così strutturata): sfruttiamoli per avere una buona spinta in partenza
– spostiamo il servizio che offriamo su qualcosa che non ci costi ma che generi entrate
Ma può davvero generare interessi ed entrate?
A mio modo di vedere abbiamo davanti l’ennesimo “kickstarter” riproposto in un’altra chiave (come Musicraiser): un concetto che funziona e che appoggio.
Ma se ci sia davvero interesse per “i concerti dal basso” non lo so…
Me lo auguro, l’idea è bella.
Macchinosa ma bella
Ciao, ho appena scoperto startup over e pur avendo letto solo un paio di articoli mi trvo molto d’accordo con il contenuto dei tuoi articoli e sulle tue riflessioni. Non so dire se la scelta di chiudere completamente Turntable.fm possa rivelarsi vincente nel medio/lungo periodo, sicuramente però avranno appreso l’importanza di cambiare il business model…