SpiralFrog: l’anti iTunes? Ma vah, 40 milioni di $ bruciati in 4 anni!

SpiralFrog

Rimango sempre impressionato e stupito quando leggo  degli enormi finanziamenti che certe aziende riescono a raccogliere.

In questa realtà oltre 40 milioni di dollari raccolti tra prestiti e finanziamenti. Tutti bruciati in soli quattro anni di vita. Da potenziale killer di itunes a vittima di una faida interna: così può essere sintetizzata la storia di SpiralFrog.

Questa startup, con sede a New York, venne lanciata da Joe Mohen nel mercato statunitense e canadese nel 2007 con un obiettivo: fornire un servizio di download di musica, legale e gratuito, supportato dalla pubblicità sotto forma di banner. Il suo utilizzo era soggetto a delle restrizioni; i brani scaricati, infatti, erano DRM-protected, potevano, cioè, essere ascoltati solamente sul pc dell’utente che aveva fatto il download, non erano riproducibili su nessun altro dispositivo e non si potevano masterizzare. Per continuare ad usufruire di SpiralFrog, si doveva visitare il sito e scaricare una canzone almeno una volta ogni 60 giorni. I brani, inoltre, erano disponibili “a tempo determinato” per un massimo di due mesi.

Frog

Prima del suo lancio, SpiralFrog aveva siglato un’importante partnership con Universal Music Group che gli concesse di utilizzare il suo intero catalogo musicale. Un bel colpo, certo, ma nonostante questa e successive collaborazioni con altre etichette musicali, la startup non riuscì mai ad ottenere un archivio degno di quello di itunes.

Oltre a questo deficit del prodotto, iniziarono a crearsi delle gravi tensioni all’interno del team. Mohen, ad esempio, faceva pressioni sul consiglio di amministrazione affinché Mel Schrieberg, CEO della startup, venisse allontanato perché non all’altezza del ruolo. Ok, Schrieberg si era reso protagonista di alcune strategie non proprio riuscite, ma fu proprio Moehn a sceglierlo come CEO, anche se non aveva nessuna competenza nel campo musicale e pubblicitario. SpiralFrog aveva bisogno di un esperto di questi settori, non di un ex sales manager di IBM e Xerox.

Questo è solo un esempio delle numerose faide interne al gruppo di SpiralFrog. Quando gli investimenti iniziali raccolti dalla startup iniziarono a scarseggiare, la situazione diventò ben più critica. A questo punto, infatti, entrò in gioco un nuovo personaggio, Scott Stagg, proprietario dell’omonima società di finanziamenti, che concesse 34 milioni di dollari in convertible notes a Mohen. Una boccata di ossigeno per la startup, ma allo stesso tempo una presenza “scomoda”: il management, infatti, da quel momento, non poté più agire senza avere prima ricevuto un feedback positivo da parte di Stagg.

Il momento della ripresa non durò a lungo. Schrieberg prima di rassegnare le sue dimissioni “volontarie”, aveva fatto spendere all’azienda oltre undici milioni di dollari per funzionalità aggiuntive e campagne di marketing inconcludenti. Se a questo aggiungiamo che gli stipendi di fondatore e dirigenti erano ben superiori alla media di un manager della Silicon Valley e che si crearono delle lotte interne per ottenere la leadership dell’azienda, è facile capire come ha fatto SpiralFrog a finire i soldi e a lasciare milioni di debiti.

Mohen tentò di salvare la sua startup: nel 2008, infatti, cercò di venderla prima a Viacom e poi a Yahoo, ma entrambe le trattative fallirono e la situazione precipitò. Non riuscendo più a far fronte alla grave situazione finanziaria che si era creata e alle pressione dei creditori, SpiralFrog fu costretta a chiudere i battenti ad inizio 2009 e lasciare tutti i suoi beni ai soggetti con cui si era indebitata.

Una fine davvero poco gloriosa per questa startup; nonostante due milioni e mezzo di utenti registrati, la possibile rivale di iTunes finì per soccombere, vittima di una gestione aziendale a dir poco sconsiderata. Quello che doveva essere un killer, insomma, ha finito per suicidarsi.

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