Pets.com: dalla quotazione al fallimento in 268 giorni

Pets.com

Uno degli esempi più famosi di crollo di una dot company è sicuramente il portale Pets.com. La società fu creata a San Francisco nell’agosto 1998 con l’obiettivo di vendere online articoli per gli animali domestici, un mercato molto forte negli States, ma chiuse i battenti nel Novembre 2000, dopo essersi quotata 268 giorni prima!

L’inizio fu dei migliori: squilli di trombe e subito da “tifo da stadio” per questa Newco creata da Greg McLemore che riuscì a vendere la sua creazione ad inizio 1999 alla società di venture capital Hummer Winbladin.

Questa società investì oltre 110 milioni e riuscì a tragettare l’azienda fino all’ entrata in borsa con un IPO sensazionale da oltre 11 dollari ad azione ed una capitalizzazione superiore ai 300 milioni di euro.

Pets.com sarebbe riuscita a diventare la società numero uno nella vendita on line di articoli per animali domestici anche sostituendosi ai negozi tradizionali?

Purtroppo Pets.com era tanto fumo e poco arrosto, con un modello di business molto leggero: la convinzione dell’esperto management fu quella che Internet potesse sostituire solidi principi di business. Quante volte le società  e gli imprenditori fanno questo errore!!!

Prima di tutto investirono oltre 25 milioni di dollari in pubblicità, compreso un famoso spot televisivo (dal valore di 1,2M di $) durante il seguitissimo Super Bowl. Da qui la brand awareness crebbe parecchio  ma durante il primo anno di vita dell’azienda malgrato i primi 12 milioni investiti in pubblicità il fatturato fu di soli 619 mila $.

La costante politica di prezzi bassi portò ad una perdita per ogni prodotto venduto, da qui i soldi finirono abbastanza presto e nel volgere di soli due anni l’azienda licenziò 250 dei 320 dipendenti e il titolo crollò dagli 11 dollari iniziari a meno di 25 cent per azione.

Dopo poco, nel Novembre 2000, la chiusura definitiva.

Quali furono le principali cause del fallimento di Pets.com?

1) La mancanza di uno studio indipendente prima del lancio dell’azienda per capire la capacità di acquisire un mercato prendendolo dai negozi tradizionali (e il prezzo necessario per farlo).

2) Business Plan pressoché inesistente. Bisogna capire sempre in anticipo quale sarà il costo di acquisizione e la marginalità media dei prodotti venduti. Per acquisire la propria customer base Pets.com vendeva i prodotti ad un prezzo inferiore del 30% rispetto ai costi di acquisto, di fatto perdendo per ogni vendita.

3) Assurdi costi pubblicitari per un modello che perdeva ad ogni vendita. Delle due l’una. O fai promozione della tua attività ma poi ci guadagni quando vendi o utilizzi lo sconto (e quindi un minor margine) sulla vendita dei tuoi prodotti come leva promozionale. Non puoi usare entrambi. Elementare Watson!

Si può anche affermare che in questo caso la bolla delle Internet Company del 2001 c’entri poco o nulla.

6 Comments

  1. E’ un caso tipico di mancanza di business plan e ancor di più di euforia ingiustifica. Ma la cosa meno intelligente fu utilizzare la TV per fare marketing quando internet consente un roi molto più elevato.

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    • Esatto…. forse però al giorno d’oggi la TV costa meno di qualche anno fa. Infatti per questo molti siti web si pubblicizzano in tv (penso a groupalia, subito, trivago etc etc).
      Grazie Vincenzo!

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  2. bah mi sembra strano che con un giro così grande di milioni di dollari, non sia stato fatto un business plan, nonostante la quotazione in borsa. IMPOSSIBILE!!! piuttosto saranno stati altri i problemi, mi complimento per l’idea di questo sito, ma reputo le storie un po’ troppo approssimative, bah? vorrei sbagliarmi….

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  3. Pingback: My Google AdSense Income

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