Kiko: quando da un fallimento nascono nuove idee e nuovi progetti, anche di successo

kiko

Capita, a volte, che una start up abbia un destino segnato fin dall’inizio perché l’idea di partenza, semplicemente, non è un granché. Capita anche che chi ha avuto questa idea abbia l’intuizione di chiudere prima che sia troppo tardi e, anzi, usare la fine di un’avventura per iniziarne un’altra con esito decisamente migliore. È il caso di Kiko.

Kiko nasce nel 2005 da un’idea di Justin Kan ed Emmet Shear, due imprenditori Internet conosciutisi durante gli studi a Yale, dove entrambi si sarebbero poi laureati. Il progetto consisteva nel creare un vero e proprio calendario on line, realizzato con Ajax, strumento messo a disposizione per codice javascript, facile da utilizzare e gratuito, che desse la possibilità di accedere da dispositivi mobili e di poter condividere i propri impegni con altri contatti. Insomma, tutte quelle cose che facciamo quotidianamente anche con Google Calendar.

calendar on line
calendar on line

Kiko poteva contare su 50.000 dollari messi a disposizione dal fondo YCombinator ma, dopo circa un anno di attività, i due cofondatori decisero di interrompere lo sviluppo della loro start up e di metterla in vendita in un modo molto originale: utilizzando Ebay! Strano? Mah, possiamo dire che, in fondo, nell’epoca del Web 2.0 non c’è da stupirsi di nulla ormai! Anzi, l’idea di Kan e Shear ha saputo fruttare loro ben 258.000 dollari: mica male per una vendita mercanteggiata in un’asta on line! Ad aggiudicarsi Kiko fu Elliot Noss, fondatore di Tucows, compagnia di telecomunicazioni canadese che rappresenta uno dei più grandi domain registrar.

Un vero e proprio affare, secondo Kan, che descrive con grande entusiasmo il momento in cui si è chiusa la vendita e ha visto la cifra: “Ero al telefono con Emmet che si è messo a urlare e io mi sentivo come se avessi vinto al Superbowl. Quella notte ho festeggiato come se fosse stata l’ultima notte della mia vita”. Niente male, no? Se tutti i fallimenti di start up rendessero i protagonisti così felici, ci sarebbe quasi da trovarli divertenti. Peccato che non sempre vada così!

Kiko

Ma cosa non ha funzionato nell’avventura di Kiko per arrivare alla sua vendita? I fondatori hanno liquidato la questione spiegando semplicemente che non era pensabile combattere contro Google che “rappresentava ormai la nuova Microsoft” e che “non ha senso perdere tempo su di un piano A se si ha già un piano B”.

Peccato che qualcun altro non la pensi come loro.

Richard White, che in Kiko ricopriva il ruolo di User Interface Designer, ha svelato che il team, durante la fase di realizzazione del progetto, ha da subito perso lucidità e motivazioni, perdendosi in strade secondarie volte ad aumentare le funzionalità offerte. Una disattenzione che comportò ritardi nella fase di lancio, favorendo i competitor che poterono così stare da soli sotto la luce dei riflettori e farsi conoscere meglio, senza alcuna nuova concorrenza.

Può essere vero, ma c’è un’altra considerazione da fare riguardo al fallimento di Kiko: è veramente necessario avere un “semplice” calendario on line? Secondo Don Dodge, Developer Advocate per Google, la risposta è no: “Non conosco in specifico i problemi di Kiko – afferma – ma penso che il settore dei calendari sia difficile da decifrare. Non è un problema legato alla tecnologia, ma concettuale: i calendari, infatti, rappresentano solo una funzione che serve per implementare un sistema di mail o qualche altro sistema di comunicazione, come su Outlook o nei cellulari”. Insomma, un calendario on line slegato da qualsiasi altra funzione e fine a se stesso è  praticamente inutile.

Deve essere stato questo il vero motivo per cui Kan e Emmet hanno venduto Kiko: probabilmente avevano capito che la loro idea non aveva futuro e hanno scelto di chiudere cercando di ricavare il massimo da questo fallimento. Un’idea scarsa già in partenza, unita ad una cattiva esecuzione, infatti, non può sicuramente far funzionare una società!

Con i soldi ricavati dalla vendita di Kiko, però, i nostri due eroi si sono buttati in una nuova impresa: hanno fondato Justin.tv, un servizio di live blogging che inizialmente seguiva la vita di Kan 24 ore su 24 e che poi si è trasformato in un servizio di live streaming tutt’ora esistente. Insomma, possiamo dire che hanno avuto ragione loro: come era successo anche nel caso di Turntable, il piano B si è rivelato decisamente migliore!

Justin.tv

1 Comments

  1. Signor Dusi volevo complimentarmi con lei per questo magnifico blog.
    Sono uno studente universitario prossimo a concludere un corso di laurea triennale in scienze dell’amministrazione e dell’organizzazione ed il suo blog mi sta aiutando parecchio a comprendere le dinamiche collegate alla vita delle startup, sulle quali avrei intenzione di incentrare il mio lavoro di tesi.
    E’ possibile avviare con lei una corrispondenza via mail? Per scrivere questo commento ho inserito quella che uso di solito. Mi auguro di ricevere presto sue notizie.

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