TweetBackup: dopo la vendita, la chiusura

Twetbackup

L’iter classico della vita di una startup si può generalmente dividere in due casi: nasce, cresce e si evolve in un progetto funzionante e con un futuro. O nasce, cresce e, per dirla schiettamente, muore.
Esiste però un caso ibrido, in cui l’esistenza della  startup, nonostante i suoi sforzi e la sua crescita sana e robusta, viene brutalmente interrotta dai suoi stessi “padri”. È il caso di TweetBackup.

Creata in Svezia nel 2008 con 5 milioni e mezzo di dollari in finanziamenti e acquisita a fine 2010 da Backupfy, questa applicazione permetteva di effettuare facilmente e, soprattutto, gratuitamente, un backup giornaliero della propria pagina twitter e di tutti i suoi contenuti.

Il successo di pubblico per TweetBackup era già indiscusso prima che venisse assorbita e la sua popolarità ha continuato a crescere dopo il passaggio a Backupfy. Nonostante ciò si è deciso di fermare il naturale (e perfettamente funzionante) ciclo di vita di questa app.

Il motivo è molto meno misterioso di quello che possa sembrare. Come riportato da Rob May, CEO di Backupfy, il problema maggiore di TweetBackup prima dell’acquisizione era la mera monetizzazione del servizio. E lo hanno risolto brillantemente, dal loro punto di vista. Vendendola.

MI spiego meglio. Quello che al team di Backupfy serviva non era tanto l’idea o il servizio offerto dall’app svedese (loro stessi infatti offrivano già piattaforme simili). Ciò che realmente volevano era il pacchetto clienti:  TweetBackup aveva infatti un carnet di ben 20.000 utenti, un numero non eccessivo ma era un gruppo di utenti molto molti attivo.

Ottenuta la lead generation e un fondo di 9 milioni di dollari da investire nei propri progetti, Backupfy, con un colpo di coda improvviso, ha chiuso l’app gratuita per dare maggiore spinta ai suoi prodotti per business and personal user (spesso a pagamento, soprattutto nel caso dei servizi per le aziende). Come affermano candidamente dal loro sito: “We always intended to have TweetBackup users join Backupfy’s base twitter service”.

TweetBackup

Al contrario della magica sparizione di H2Mob, in questo caso la cancellazione del servizio è servita ad accrescere il potere dell’azienda-madre. Non è il primo esempio di app che viene sacrificata per dare maggiore respiro ad altre della stessa società, ma in termini di progettazione è interessante notare come questa fosse una morte annunciata. Come giustamente sottolineato da TechCrunch, “it looks like this is part of a larger strategy at the company to reposition itself more closely on its enterprise services and away from lower cost/free consumer offerings.”

È sempre una questione di scelte, insomma. I dirigenti di Backupfy hanno avuto la lungimiranza di capire che, acquisendo TweetBackup, non solo avrebbero tolto dal mercato e portato dalla propria parte della barricata un’app famosa nel suo ambito, già perfettamente funzionante e molto amata dagli utenti. Ma avrebbero soprattutto guadagnato futuri utilizzatori dei propri servizi, tutto ciò con una spesa iniziale che, senza dubbio, è già stata riassorbita.

La stessa Google e Facebook fanno spesso scelte di questo tipo: comprare aziende con funzionalità ottime ma gratuite, chiuderle, mantenere propri servizi a pagamento.

Giusto? Sbagliato?

E’ il  business, bellezza!

5 Comments

  1. Sarà pure il business, ma eticamente è un ragionamento che fa schifo proprio….. ma la mia domanda è: gli utenti che si vedono chiudere il servizio validissimo e gratuito, non vanno a cercarsi un altro servizio che non sia quello a pagamento pompato dall’azienda che ha chiuso il primo??

    Io mi rifiuto di pagare un servizio che prima era gratis! O no?

    Gabriele

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    • ciao Gabriele, grazie per il tuo commento.
      La domanda in realtà è: perché dovrebbe essere gratis? Io credo che se tutti pagassero poco, quel servizio potrebbe essere (quasi) gratis e dsiponibile. Forse la domanda è: quale è il valore che dai a quel servizio?
      Ciao e grazie

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      • No no io non discuto la cosa dal lato dell’azienda, ovvio che se produco qlc/offro un servizio ho bisogno del giusto guadagno, io dicevo dal lato dell’utente finale: ho un servizio (TweetBackup) gratis che improvvisamente mi mettono a pagamento, io me ne cerco un altro che sia gratis, questi di Backupfy non mi avrebbero neppure piangendo cinese…. ma giustamente come mi dici, se ho bisogno di quel servizio perchè mi serve per lavoro, allora sono disposto a pagare, ma lo sarei stato anche PRIMA che lo mettessero a pagamento.

        Sono solo io a ragionare in questo modo? Mi sa che siamo cmq in pochi 😀

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  2. Sull’etica del business se ne potrebbe stare a parlare per ore, ma il ragionamento che va a sovrastare tutto alla fine è “sono un’azienda in un determinato mercato, sono qui per creare profitto, non per fare beneficenza”. Per la tua domanda, a mio parere la risposta è che normalmente l’utente si fidelizza/assuefà a un determinato prodotto o servizio col quale si trova bene, di conseguenza è più portato a dare un piccolo contributo per continuare ad usufruirne piuttosto che andare a cercarne un altro che abbia gli stessi requisiti. Sempre, naturalmente, che esista.

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