In questi anni va molto di moda scrivere che il fallimento è salutare, che è molto utile fallire, che solo in questo modo si diventa più sexy per gli investitori.
“Fail fast and restart”, “se non fallisci gli investitori americani nemmeno ti guardano” “meglio fallire che avere successo soprattutto all’inizio”.
Palle. Enormi palle.
Ma chi scrive queste cose veramente pensa, ad esempio, che è meglio investire 100 mila euro su una nuova idea di un imprenditore che ha appena chiuso la sua startup rispetto a chi ha, ad esempio, appena avuto successo vendendo la sua azienda? Un investitore preferisce di gran lunga affidare i propri soldi a chi ha un track record di successi, a chi è riuscito ad evitarli i fallimenti.
Fallire significa che si sono commessi errori: sbagliata valutazione sul mercato, cattiva esecuzione, soci non all’altezza, errori tecnici sul prodotto/servizi offerti , incapacità di prevedere le mosse del concorrente e così via. Ne abbiamo parlato spesso anche su questo blog.
Poi, certo, le persone intelligenti capiscono dai propri errori e sono in grado di ripartire. E sia chiaro non ci deve essere niente di male nel fallire perché può e deve essere salutare. Gli errori insegnano, molto.
Come scrivo spesso la nostra cultura parla di fallimento mentre gli americani di bankrupt (è la banca che rimane.. a secco) e su questo concetto ci passa proprio tutto il mare culturale che ci divide da un ambiente sicuramente più favorevole all’impresa rispetto al nostro paese.
Mi hanno insegnato però che l’onestà intellettuale ci obbliga, soprattutto verso noi stessi, a dire che non tutto quello che è marrone è per forza cioccolato. E pur ricordando lo spirito di questo blog, analizzare i fallimenti altrui per trarne lezioni per la propria startup e professionalità, diciamo forte e chiaro che è sempre meglio non fallire e non si diventa più sexy quando succede.
Nel nostro paese l’educazione di molte generazioni è stata basata sul sacro terrore degli errori e dei fallimenti evocati spesso e volentieri con immagini catastrofiche come vedere i falliti come marchiati a fuoco, tipo una F scarlatta. Da qui ha fatto presa, come spesso succede, il comportamento opposto: fallire è salutare.
E’ vero invece come dici tu che bisogna avere un’atteggiamento proattivo, considerare il rischio e quindi prevenirlo, soprattutto osservando e imparando dagli errori degli altri. Ma senza prendere il fallimento o gli errori come una colpa indelebile da espiare. Insomma in medio stat virtus.
Non era online ma sono reduce dal fallimento della mia ditta individuale, ad ottobre. poi ho passato mesi per riprendermi.
Ora facendo tesoro degli errori commessi sto riprendendo in mano la mia vita…e soprattutto il mio futuro.
Ma quanta fatica ci è voluta? e quanta ne avrei risparmiata se il vecchio retaggio educativo come al solito rispunta fuori?
Ovviamente spero e farò in modo che stavolta non succeda di nuovo…ma terrò a mente anche questo nuovo insegnamento: risparmiare energie senza ricadere nel retaggio del fallimento come infamia.
Sai qual’è il segreto che gli americani danno della Silicon Valley? Built on failures, so we know how to fail and start again!
In bocca al lupo