Scrivere questo articolo non era previsto ma ho passato tre giorni ospite di quello che considero essere il miglior reparto di paracadutisti in Europa e forse nel Mondo: la Brigata Folgore.
Lasciamo da parte preconcetti stupidi e superati. Siamo di fronte a veri servitori dello Stato, uomini semplici che dedicano la loro vita ad un ideale, che noi tutti abbiamo dimenticato. La Patria. La nostra Italia.
E ancor di più da oggi in poi sarò critico nei confronti di chi trova scuse per i suoi insuccessi. E’ colpa del Governo, dell’amministrazione, della troppa burocrazia… .
Basta! Vuoi cambiare il nostro Paese? Alzati in piedi, rimboccati le maniche, lavora. E quando sei stanco, lavora ancora.
E ancora.
Avete mai sentito Enzo Ferrari lamentarsi? E la famiglia Ferrero?
Torniamo all’argomento, la Brigata paracadutisti Folgore, l’unica grande unità aviotrasportata dell’Esercito Italiano.
La storia della Folgore parte nel 1938 con la costituzione del Battaglione paracadutisti libici “Fanti dell’Aria”: lo Stato Maggiore del Regio Esercito intuì da subito l’importanza che questa specializzazione avrebbe avuto nello schieramento bellico.
Da qui la crezione di addirittura tre divisioni paracadutisti: la divisione Ciclone, la Nembo e appunto la Folgore.
La storia della Folgore è però indissolubilmente legata ad una battaglia: El Alamein.
L’attacco decisivo degli inglesi e dei loro alleati contro le linee italo-tedesche in Africa settentrionale si scatenò, nei giorni dal 23 al 29 ottobre 1942, lungo il settore difeso dalla divisione paracadutisti Folgore, appunto ad El Alamein.
Durante questa battaglia la divisione Folgore insieme ad alcuni soldati della Divisione Pavia riuscì a resistere in modo encomiabile ai tentativi inglesi di sfondare dal 23 ottobre e fino al 27 ottobre.
Il coraggio e lo spirito combattivo della divisione suscitò il rispetto e l’ammirazione anche da parte degli stessi avversari. In ottemperanza agli ordini dell’ACIT la divisione Folgore iniziò la ritirata nella notte del 3 novembre 1942, in condizioni rese difficilissime dalla mancanza di mezzi di trasporto. Dopo due giorni di marcia nel deserto, alle 14:35 del giorno 6, dopo aver distrutto le armi, ciò che restava della Divisione si arrese alla 44ª divisione fanteria britannica del generale Hughes, senza mostrare bandiera bianca e senza mai alzare le mani ai nemici.
I paracadutisti ottennero dai britannici l’onore delle armi.
Dopo la battaglia di El Alamein alla Divisione Folgore ed ai suoi Reggimenti verrà conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare. E sapete cosa disse di loro il primo ministro inglese Winston Churchill alla Camera dei Comuni di Lonra (il parlamento inglese)?
“Dobbiamo davvero inchinarci davanti ai resti di quelli che furoni i leoni della Folgore…” .
Fu una battaglia disperata e leggendaria.
La BBC Inglese l’8 novembre 1942, mandò questo messaggio: “La Divisione Folgore ha resistito al di là di ogni possibile speranza. Gli ultimi superstiti della Folgore sono stati raccolti esamini nel deserto. La Folgore è caduta con le armi in pugno.
L’onore delle armi del nemico, la testimonianza più autentica, l’unica che, in fondo, valga davvero qualcosa.
Una nota, sui rapporti di forza.
1 a 13 per quanto riguarda gli uomini, 1 a 5 per le artiglierie, 1 a 70 per i carri. A favore degli Inglesi.
La Divisione Folgore venne completamente distrutta. Annientata. E quindi sciolta a fine 1942.
Poi la storia continuò e ci sarebbe molto da raccontare, ma arriviamo al 1 gennaio 1963 quando venne ufficialmente istituita la Brigata paracadutisti a cui nel giugno 1967 venne riconosciuto e permesso di utilizzare il nome Folgore.
E, tornando ai recenti ricordi personali dei giorni passati insieme ai ragazzi della Folgore, mi è rimasta impressa una frase di un grande Referente di questa Brigata: “Il successo della Folgore nasce da una sconfitta che ci ha decimato e ha portato alla chiusura della nostra Divisione. Nasce da decenni e decenni di sconfitte e fallimenti”.
Ma hanno imparato dai loro errori. Da ogni singolo errore. Creando qualcosa che oggi il mondo ci invidia.
Come ha detto un mio amico, Paolo, anche lui presente a questa tre giorni con loro: uomini semplici, che fanno cose straordinarie!