Che profumo hanno 20 milioni di dollari andati in fumo? Chiedetelo a Digiscents!

Digiscents

Un’idea particolare, che ha raccolto 20 milioni di dollari in finanziamenti per realizzare un prodotto che non è mai uscito sul mercato: oggi voglio parlarvi di Digiscents e del suo ISmell.

Il concetto che stava alla base del progetto di Joel Lloyd Bellenson e Dexster Smith, non c’è che dire, era divertente: ricreare odori e profumi attraverso un device da collegare al pc. Torniamo al 1999, quando, durante una vacanza a Miami, i due soci, colpiti dall’enorme varietà di profumi, odori ed essenze che si potevano percepire sulle spiagge, iniziarono a pensare ad un metodo per immagazzinare e riprodurre queste esperienze olfattive in contesti diversi.

Non stiamo parlando di due sprovveduti. Joel e Dexster, infatti, avevano già fondato Pangea Systems, un’azienda specializzata in IT service management per il mercato farmaceutico: una qualche idea di come si realizza un business, quindi, ce l’avevano sicuramente.

Ma cerchiamo di capire cosa sarebbe dovuto essere il loro ISmell. Bellenson e Smith lavorarono prima sulla creazione di una sorta di “database degli odori”, che avrebbe raccolto un determinato numero di essenze, e poi sulla produzione materiale di un dispositivo, da collegare al pc, che avrebbe reagito agli impulsi provenienti da file digitali caricati su pagine web o mail, rilasciando il profumo più adatto a ciò che si stava visionando sul pc.

ISmell

L’idea deve essere stata considerata molto buona, visto che Digiscents riuscì a raccogliere 20 milioni di dollari di investimenti da importanti investors come Givaudan, la più grande compagnia nel settore di essenze e profumi, Real Networks, provider di servizi di streaming, e un leader nel campo dei beni di consumo come P&G.

Dopo un lavoro di due anni, nel 2001 un prototipo di ISmell fu presentato al Consumer Electronics Show di Las Vegas, ma non riuscì ad ottenere l’interesse del pubblico.

Cos’è andato storto allora? Proviamo a pensarci: idea potenzialmente buona e investimenti consistenti, cosa manca? Anche questa volta, come abbiamo visto in altri casi che ho raccontato, la parte carente è stata quella delle indagini di mercato.

ISmell, infatti, rappresentava un’idea sicuramente simpatica, ma non utile. Non andava incontro a nessun bisogno da parte del pubblico e non riusciva a crearne uno. Sentire i profumi presenti in quella splendida cucina del film che stiamo guardando potrebbe essere un di più durante la visione, ma è sicuramente una cosa di cui potremmo fare a meno senza tanti problemi.

Attraverso dei lo-fi prototype e provando a pensare a dei possibili scenari di utilizzo, Bellenson e Smith avrebbero capito che il pubblico non stava chiedendo, né sentiva il bisogno, di avere un prodotto come l’ISmell. Qualche ricerca in Internet, inoltre, gli avrebbe fatto scoprire come tentativi simili furono tutt’altro che di successo.

Tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta, infatti, durante la proiezione di alcune pellicole, celebre il caso di Scent of Mystery, nelle sale cinematografiche venivano nebulizzate alcune essenze per implementare l’esperienza visiva con quella olfattiva. Tentativo fallito visto che si ottenne l’effetto contrario: il pubblico era addirittura infastidito da ciò.

ISmell, quindi, concluse la sua breve vita, e insieme a lui anche la società creata ad hoc per realizzarlo, nel 2001, dopo aver bruciato tutti gli investimenti raccolti e dopo aver incassato lo scetticismo del grande pubblico.

E i nostri due protagonisti? Dopo l’infelice esperienza con Digiscents hanno iniziato una nuova avventura presso Upstream Biosciences Inc., società che si occupa di sviluppare dei test per poter ottenere diagnosi precoci in casi di cancro. Un ritorno, insomma, alla realtà in cui avevano lavorato prima del progetto ISmell.

“E’ stata un’esperienza straziante – racconta Bellenson – perché ci eravamo impegnati molto in quel progetto”. Sembra anche che l’idea non sia stata abbandonata del tutto, anzi magari sarà riproposta “quando sarà il momento giusto” come ha ribadito uno dei fondatori di Digiscents.

Ma siamo proprio così sicuri che prima o poi arriverà il momento giusto? Chissà, quel che è certo, intanto, è che questa idea continua a vivere in molti altri progetti. Scentcom, ad esempio, è una start up americana nata nel 2007, che si concentra sull’implementazione delle esperienze sensoriali in vari campi (giochi, tv, macchine, cellulari) attraverso l’utilizzo dei profumi, quindi dell’olfatto. Nel marzo del 2013, invece, un gruppo di ricercatori giapponesi ha presentato un prototipo per uno “smelling screen”: uno schermo che emette profumi. Recentissimo è, inoltre, il caso di Amos Porat, CTO di scent2you, società israeliana che sta realizzando più prototipi con l’obiettivo di controllare i profumi attraverso delle applicazioni che potranno essere utilizzate in un gran numero di device.

Sembra proprio, quindi, che trasmettere odori e profumi, come si fa con video e musica, sia una di quelle idee che non verranno mai abbandonate. E chissà se qualche start up prima o poi riuscirà, grazie a sempre migliori tegnologie, a far breccia nel cuore del pubblico e diventare un’azienda, oppure se sarà destinata a rimanere sempre un’eterna incompresa.

 

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3 Comments

  1. Personalmente ho sempre visto con molto scetticismo questo tipo di device, non servono a nulla!

    Rimarrà ‘un’eterna incompresa’…

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  2. Pure il nome commerciale scelto non lo trovo molto fortunato: “iSmell” => “I Smell” può voler dire “Io Percepisco il Profumo”, ma assumere anche il significato di “Io Puzzo”

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