10 cose che il tuo capo odia di te

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Da anni si leggono articoli dal titolo “Come trattenere le migliori risorse”, “10 cose che odiate del vostro capo”, “I 10 errori capitali del vostro boss” e così via. Uno molto simpatico letto recentemente citava: “10 modi per uccidere il vostro capo”.

Anche stamattina, “Why good employees quit”!

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Però se è sicuramente un aspetto fondamentale che il “capo” sia responsabile per fare in modo che i suoi collaboratori si sentano al meglio quando sono al lavoro, è sempre una strada a doppia corsia.

E’ difficile, se non impossibile, per un leader dare il massimo quando chi dovrebbe seguirlo non lo fa di default, quando non c’è la voglia di fare lavoro di squadra.

Nei miei 7 anni da dipendente (e nei 18 mesi di stage durante gli studi) ho lavorato sia per manager fantastici sia per dei grandissimi incapaci. E nei loro confronti ho commesso molti errori.

Poi, nella mia esperienza imprenditoriale, ho commesso ogni errore che si poteva commettere nei confronti delle persone che lavoravano con me. Ma credo di aver imparato molto e negli ultimi 2-3 anni la squadra che avevo attorno è stata semplicemente perfetta, flawless, senza difetti.

Avendo vissuto quindi sia il ruolo da “dipendente” sia quello da “capo”, penso di aver capito quali sono alcuni aspetti che ci devono essere da entrambe le parti per far funzionare le cose.

I vari articoli sopra citati evidenziano sempre due aspetti:

  • circa 1/3 dei dipendenti lascia l’azienda perché non si sentono apprezzati;
  • circa la metà dei dipendenti odia il proprio capo

E qui sorge la prima domanda: perché si verificano queste condizioni?

Io parto dal presupposto che nessun “capo” (termine che è realmente brutto, perché nessuno è capo di nessuno ma lasciatemelo correre in questo articolo) intelligente si lascia scappare le migliori risorse.

E ovviamente non voglio entrare nelle dinamiche illegali che spesso si verificano all’interno delle organizzazioni, che sfruttano i propri dipendenti.

Vorrei affrontare il tema vedendolo dall’ “altro” punto di vista, quello del capo.

Perché uno dei veri problemi di una società, soprattutto in una fase di crescita, sono le assunzioni sbagliate: tema questo mai abbastanza affrontato perché si rischia sempre di non essere politicamente corretti.

Ho preparato quindi un decalogo dei motivi che spesso spingono un capo a… diciamo… non avere più empatia nei tuoi confronti.

10 cose che il vostro capo odia di te

  1. Sei inaffidabile
    Non rispetti le scadenze, dici una cosa ne fai un’altra, sempre una scusa pronta per tutto.
  2. Incolpi altri per i tuoi errori
    Incolpi gli altri per i tuoi errori o cerchi di nasconderli invece di provare a risolverli. Questo dimostra chiaramente la tua incapacità a prenderti responsabilità. Che è uno degli aspetti fondamentali per cui non riuscirai a fare carriera.
  3. Fai troppo gossip
    Ho sempre odiato, nella vita privata come nel lavoro, chi perde tempo a parlare di persone e non di idee. Sul lavoro poi…. tra Facebook, Instant Messenger, Whatsapp, pause caffè, non importa come. Ma sparlare delle persone, ovviamente alle spalle, distrugge un’organizzazione e sicuramente gli obiettivi che si vogliono raggiungere. E se lo fai, vuol dire che hai troppo tempo libero e non lavori abbastanza.
  4. Non ti va mai bene niente
    Avete presente quando si fa una riunione e tu bocci sempre tutte le idee degli altri?  O quando dopo qualunque decisione presa dall’azienda ti lamenti della scelta fatta?
    Bene, la tua negatività è un malessere terrribile che se trova terreno fertile si espande.
    Saresti la prima persona da allontanare.
  5. Odi il cambiamento
    So bene che in natura il cambiamento è sempre ostacolato ma è sicuramente nel DNA di un’azienda che vuole crescere (e dovrebbe esserlo anche nel DNA di un’azienda che vuole sopravvivere). Come pensi si possa competere nel mercato senza cambiare costantemente lo status quo, anche facendo le cose in modo diverso? Imperdonabili le frasi “abbiamo sempre fatto così” o “perché cambiare?”.
    Quanti drammi si creano anche semplicemente cambiando le postazioni di un ufficio!!
  6. Ti metti troppo profumo o non ti lavi abbastanza
    Tema molto sensibile.
    a) Troppo profumo (si dovrebbe vietare la possibilità di portare la boccetta di profumo in ufficio): le scie di profumo sono odiose. Il profumo NON si spruzza (ma non solo in ufficio…).
    b) Ti “dimentichi” la doccia la mattina. Impossibile lavorare nella stessa stanza con chi emette un cattivo odore o utilizza per 3 giorni la stessa maglietta. Non siamo più all’Università o a Scuola.Sono entrambi problemi seri e difficili da gestire. Perché parlare dell’aspetto e dell’apparenza non dovrebbe nemmeno essere un argomento da discutere.
  7. Sei sempre in ritardo e fai il minimo sindacale
    Arrivare costantemente in ritardo, giorni di malattia attaccati ai fine settimana, pause pranzo infinite, penna che cade all’ora spaccata…. il tuo capo se ne accorge quando diventa una costante e magari c’è sempre una scusa (e soprattutto non performi sul lavoro. Chi se ne frega degli orari se sei bravo!).
    Al tuo capo non piace quando fai appena appena il minimo sindacale, il 6- per intenderci. Serve (uso un altro termine che non mi piace) la migliore produttività che riesci a dare ma soprattutto idee, idee, idee su come migliorare costantemente le cose.
  8. Gestisci la tua vita personale dalla tua scrivania
    Il lavoro di squadra è essenziale. Ma se passi il tuo tempo nel gestire i tuoi cavoli personali, qualunque essi siano, non va bene. E’ una profonda mancanza di rispetto prima di tutto verso i colleghi.
  9. Sei un bulletto da 4 soldi
    Urlare, bestemmiare (purtroppo è un problema che esiste da noi in Italia, che denota un livello di ignoranza assurdo), parlare a voce alta al telefono (soprattutto in un open space), non rispettare gli spazi degli altri, lasciare il bagno sporco…. sei realmente un poveretto!
  10. Commetti questi errori via email o al telefono

Sulle email
a)Visto che dovresti cercare di togliere lavoro al tuo capo, non di aggiungerne, perché lo metti sempre in copia su ogni email che spedisci?
b) C’è inoltre una malsana abitudine (non solo nei confronti dei propri capi) di iniziare una email direttamente col nome della persona, senza un ciao /buongiorno / buonasera.

Esempio tipico di email che ricevo costantemente:
“Andrea,
…….…….…….…….…….…….…….…….…….…….…….…….…….
…….…….…….…….…….…….…….…….…….…….…….…….…….
…….…….…….…….…….…….…….…….…….…….…….…….…….
Ciao,

A.”

Costa tanto aggiungere un “Ciao Andrea” all’inizio? (Non oso chiedere  un “ciao Andrea, come stai?).

Inoltre.. ma  nemmeno Bush si firmava GW,  perché abbiamo preso l’abitudine di firmarci con l’iniziale? Una email non è una camicia!

Sulle telefonate

Quando qualcuno ti chiama e tu rispondi “Dimmi”  (un imperativo!): è veramente brutto, antipatico. Consiglio: non farlo col tuo capo, ma nemmeno col tuo collega, collaboratore, amico, parente.

 

Ho finito e spero di essere riuscito nel mio intento di farti riflettere che, a volte, prima di lamentarsi bisogna farsi un esame di coscienza.

Le critiche costruttive fanno benissimo in una organizzazione, ma bisogna sempre partire da un’autocritica. Altrimenti, come dicevano i tuoi nonni, “non si deve sputare nel piatto dove si mangia”.

E ricordati, come dice Justin… what goes around, come around!

 

 

 

1 Comments

  1. Condivido in parte. Se il dipendente si trova nelle condizioni migliori, il dipendente è tenuto a rispettare queste regole. Se il clima di lavoro è negativo, pessima organizzazione e soprattutto team inesistente sarà difficile anche per il dipendente apprezzare il capo. Se non si fa squadra a questo punto un dipendente può lavorare da casa. Se un collega è in difficoltà e nessuno lo aiuta e si guarda solo chi arriva prima al traguardo, non c’è squadra. Se un responsabile aiuta di più i colleghi maschi rispetto alle colleghe donne c’è discriminazione. Se un capo non paga gli straordinari e desidera che un dipendente lavori 10 ore al giorno, con 2 ore gratis, non so se il dipendente possa sentirsi una risorsa. Se il capo spende unicamente soldi per sé o per creare servizi unicamente per se e non per le risorse, il dipendente non si sente più parte di una “famiglia”. Se si spendono soldi per convention e non per formare il dipendente nei momenti in cui non c’è lavoro, è chiaro che il dipendente non si sente una risorsa ma solo una pedina da sfruttare per interesse personale del capo. Se in azienda esiste il mobbing per una donna che va in maternità, oltre che dimostrare di essere vecchia e chiusa, agli occhi della dipendente si dimostra ignorante a livello di cultura economica. Non a caso nei paesi nordici come la Svezia, le aziende non penalizzano le donne in maternità, (da anni ormai). È grave che un capo nel 2019 non sappia che il tasso di natalità basso incida negativamente su un paese a livello econo
    mico. Mi sembra che un dipendente non sia molto stimolato a rimanere in un contesto del genere e accetterà il migliore offerente. Il dipendente non è più lo schiavetto degli anni 60. È compito del capo tenersi stretta la risorsa, apprezzando e stimolando la persona. Il dipendente è una risorsa che darà ricchezza se vivrà in un ambiente positivo. Se si vive in contesto dove la parola d’ordine è tornaconto personale del capo difficilmente il dipendente si sacrifica per l’azienda. Do ut des.

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