AirBnB dei parcheggi? No, fallimento. Il caso Hello Parking

Hello Parking

Scambiarsi i posti macchina può essere una soluzione per il sempre fastidioso problema dei parcheggi? Hello Parking, start up americana creata da Chris Hoogewerff e Neil Hannah voleva dare una risposta positiva a questa domanda. Peccato che, dopo appena sette mesi di progettazione, i due imprenditori abbiano dovuto gettare la spugna.

Proviamo a ripercorrere la breve storia di Hello Parking. Tutto nasce a fine 2010 da una semplice osservazione fatta durante una passeggiata per Boston: “Guarda quanti parcheggi privati liberi che ci sono. Aspetta, ma questa non è una delle città con i parcheggi più costosi del Paese? Allora realizziamo un Airbnb per i parcheggi privati!”

L’idea dei due amici era, almeno sulla carta, geniale: affittare i posti auto proprio come Airbnb fa con case e appartamenti. In che modo? Facciamo un esempio. Capita spesso che chi ha un abbonamento per il parcheggio lo usi solamente nei giorni feriali, oppure in orario d’ufficio. Perché, allora, non permettere che questo posto venga “affittato” da altri nei giorni/ore in cui non è occupato dal legittimo proprietario?

Hello Parking

Chris e Neil, però, capirono ben presto che non sarebbe stato fattibile: “Il problema – spiega Hoogewerff – è che, mentre c’è pieno di gente che vorrebbe prendere in affitto un posto macchina per un giorno, quasi nessuno dei proprietari sarebbe disposto a cederlo ad uno sconosciuto. In una città come questa, dove il parcheggio è un problema enorme, chi ne ha uno sicuro lo protegge a costo della vita, anche se non lo occupa per una notte, un giorno o una settimana”.

Tuttavia, i due amici continuarono a credere nel loro progetto, riuscendo anche ad ottenere l’interesse di alcuni membri di Techcrunch. Furono proprio questi ultimi ad aiutarli a cambiare focus e obiettivo: il target a cui mirare non erano più i singoli possessori di parcheggio, ma le società che gestivano i garage. Hoogewerff e Hannah riuscirono, così, ad entrare in contatto con uno dei principali operatori di questo settore, che svelò loro un concetto fondamentale: “quasi mai i parcheggi a pagamento sono veramente pieni del tutto”. Era, quindi, necessario concentrarsi e giocare su questo aspetto.

Come? Attraverso il meccanismo dei deals. Si voleva, cioè, creare una semplice struttura “Name-your-price” attraverso la quale “vendere” i posti auto liberi a tariffe scontate per andare incontro alla domanda del pubblico e riempire anche i parcheggi vuoti. “Turn these vacancies into cash” era la proposta che i nostri eroi facevano a garage di piccole, medie e grandi dimensioni.

Tuttavia, anche il piano B non andò come previsto, perché non trovarono praticamente nessuno disposto ad accettare queste condizioni: “Il problema era che i soggetti a cui ci siamo rivolti non accettavano di diminuire i prezzi. Sembrava che queste persone non fossero preoccupate di riempire i loro parcheggi, perché erano già comunque pieni di soldi. Ragionavano secondo la logica: meglio un posto vuoto che un posto venduto a prezzo scontato”.

L’ultimo tentativo per far funzionare questa start up nacque da una mail. Una signora scrisse a Hello Parking chiedendo un deal per poter ottenere un gruppo di posti macchina a prezzo scontato per tutte le persone che avrebbero partecipato alla festa di pensionamento del marito. Chris e Neil pensarono di poter prendere questo caso come prototipo per un business vero e proprio: diventare broker di parcheggi per gruppi di persone che dovevano recarsi allo stesso evento. Ma anche questo tentativo ebbe poca fortuna: in quei rari casi in cui riuscirono a mettere in pratica l’idea, essa non generò un profitto accettabile per continuare il business.

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Fu così che i nostri protagonisti decisero di mettere fine a quest’avventura, dopo sette mesi di tentativi e di pivot non andati a buon fine.

Cosa non funzionò?

Innanzitutto Chris e Neil non avevano delle conoscenze abbastanza approfondite dell’industria dei parcheggi e, per questo, non sapevano come rivolgersi ai parcheggiatori per presentare delle proposte che potessero essere veramente allettanti. Quindi poca ricerca sul mercato in cui avrebbero operato.

In secondo luogo, persero troppo tempo nelle varie fasi pivot senza svilupparne a fondo nemmeno una: avevano troppa fretta di passare da un progetto all’altro tralasciandone, però, i dettagli più importanti.

Insomma, non furono in grado di realizzare un business plan che creasse un vero equilibrio tra domanda e offerta del mercato in cui volevano operare.

Tante idee, ma confuse, questo è il vero problema: “Abbiamo fatto tanti tentativi perché ci sembrava che quella fosse la strada giusta. Ma non abbiamo mai definito delle ipotesi chiare, sviluppato esperimenti o fatto delle analisi approfondite sul nostro target finale”.

Errori da principianti, come ammette lo stesso Hoogewerff: “Pensavo che dopo la laurea sarei stato pronto a qualsiasi cosa. Ma sbagliavo. Niente ti prepara meglio dell’esperienza sul campo”. Ed è per questo che l’avventura di Hello Parking viene vissuta, da parte dei due protagonisti come un’esperienza positiva. Come primo esperimento nel vero mercato del lavoro, ha permesso loro di capire alcune importanti dinamiche e errori da evitare: “Eravamo solo due giovani imprenditori: abbiamo imparato più nei sette mesi della nostra start up che in una vita a scuola. Grazie alle lezioni pratiche apprese sul campo, ora possiamo partire da una posizione migliore per il nostro prossimo progetto”.

Insomma, sbagliare per capire e per non ripetere gli stessi errori. Può essere utile, vero.

Occorre anche ricordare che spirito di iniziativa e voglia di provare vanno bene, ma evitando di fare un rischioso salto alla cieca. Visto il settore in cui avevano deciso di operare, agli ideatori di questa start up si doveva sicuramente consigliare di “parcheggiare” e studiare un meglio il piano iniziale. Porter docet!

Magari avrebbero potuto trovare la soluzione giusta per far funzionare il loro business, e c’è da esserne sicuri, non avrebbero più avuto bisogno di pagare un parcheggio!

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