No, Facebook non fallirà nemmeno nei prossimi 5 anni, anzi

The loading screen of the Facebook application on a mobile phone is seen in this photo illustration taken in Lavigny May 16, 2012. Facebook Inc increased the size of its initial public offering by almost 25 percent, and could raise as much as $16 billion as strong investor demand for a share of the No.1 social network trumps debate about its long-term potential to make money. Facebook, founded eight years ago by Mark Zuckerberg in a Harvard dorm room, said on Wednesday it will add about 84 million shares to its IPO, floating about 421 million shares in an offering expected to be priced on Thursday. REUTERS/Valentin Flauraud (SWITZERLAND - Tags: BUSINESS SCIENCE TECHNOLOGY SOCIETY TPX IMAGES OF THE DAY) - RTR325LC

Nel 2013 scrissi un articolo sul mio blog dal titolo “Facebook fallirà entro 3 anni” dove indicavo la necessità per Facebook di cambiare in modo drastico per evitare il fallimento.

Sbagliavo, di molto.

Vedevo delle criticità importanti, in particolare.

1)   Tema Privacy

In estrema sintesi si può affermare che la fonte principale di guadagno per Facebook sia la gestione della privacy: grande profilazione dei propri utenti a disposizione delle aziende che così targetizzano i propri potenziali clienti. Credevo che sarebbe arrivato il punto in cui le aziende volessero gestire in modo più trasparente queste informazioni e non volessero “approfittarsi” dei like sui post e sulle foto dei propri consumatori, per carpirne i gusti e gli interessi.

Ritenevo, e in parte lo penso ancora, infatti che il sistema di ADs di FB funzioni così bene (oggi anche meglio che 3 anni fa) che col giusto messaggio è possibile persuadere le persone a fare molte cose, proprio perché certi messaggi possono essere creati conoscendo a fondo il destinatario. E quindi sfruttare l’ingenuità (e l’ignoranza) delle persone è un abuso.

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WiGo: l’ennesma start-app passata da 14M di $ di valutazione a 0 in pochi mesi

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Solo pochi mesi fa c’erano ancora titoloni su WIGo (Who is going out?), un app creata nel 2013 che aveva l’obiettivo di diventare un punto di riferimento per gli incontri tra studenti ed ex studenti dentro e fuorl’università.

A Giugno 2015 anche Techrunch raccontava come l’app ora fosse disponibile anche ai non studenti.

Ma ho saputo in questi giorni che hanno chiuso. Over.

L’ applicazione era diventata di forte tendenza  all’inizio di quest’anno, rendendo i ragazzi del college impazienti di usarla grazie anche ad alcune trovate intelligenti create per rendere l’applicazione virale.

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Dopo soli 13 mesi dalla sua ideazione, WiGo era riuscita ad avere un finanziamento per 1,4 milioni di $ su una valutazione premoney di 14.  E stelle del settore fin tech come il fondatore di Kayak (Paul English) e i co-fondatori di Tinder (Sean Rad e Justin Mateen) ci avevano credoto ed investito.  Anche i mitici Elie Ballas ed Elliot Tebele, star comiche su Instagram, avevano preso delle quote.

Ma tutto questo non è servito. L’ app  è stata spenta spenta ma il team Wigo, guidato dal carismatico 23enne Ben Kaplan, è caduto in piedi. O almeno sembra, visto che si sono uniti con un’altra app di grande successo per gli studenti di college,  Yeti Campus Stories.

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Yeti ha solo sei mesi ed è conosciuta come un “clone di Snapchat vietato ai minori” dove contenuti sessuali e violenti, banditi su Snapchat, sono autorizzati. Si insiste sul fatto che i suoi utenti debbano avere almeno 17 anni e si avvisa relativamente a contenuti come parolacce, violenza, uso di alcol e droghe.

Wigo e Yeti stanno cercando di unire i rispettivi asset per massimizzare la value proposition. Mentre l’obiettivo di Wigo era quello di aiutare gli amici a pianificare il loro tempo insieme, ma anche di documentarlo, Yeti si concentra sulla condivisione degli scatti di quei momenti divertenti, e aiuta anche i ragazzi del college a trovare la loro festa.

Nelle ultime due settimane, Yeti è stata l’app di social-networking più in rapida crescita sullo store di iTunes, secondo App Annie.

Però questa breve storia porta con se molte domande e altrettanti punti interrogativi:

– Wigo non poteva integrare anche le funzioni di Yeti, visto che aveva già raccolto soldi e non mancavano le disponibilità, e un’attenta focalizzazione sul mercato avrebbe dovuto far capire le tendenze in atto?

– Yeti, riuscirà a non commettere lo stesso errore di Wigo?

– Ma qualè il modello di business reale di quesi social? Come sempre…. intanto non c’è modello di ricavi poi faremo “servizi premium”….

– Come hanno bruciato il quasi milione e mezzo di dollarini ottenuto come finanziamento in (molto) meno di un anno?

E infine, ma questo è un tema più ampio e riguarda anche il nostra Paese: quando si metterà fine a valutazione esagerate in fase di seed?

Wigo

Bebo: da una valutazione di quasi 1 miliardo di $ al fallimento in solo 3 anni

Bebo - Social network inglese

Bebo deve il suo nome a quattro parole: Blog early, blog often… Ecco, diciamo pure che l’unica cosa che è successa “often” a questa startup è stata essere venduta e ricomprata! Sarà Il troppo frequente cambio di dirigenza o, ancora una volta, la mancanza di originalità, in ogni caso anche Bebo si è visto costretto a presentare istanza di fallimento secondo il Chapter 11. Cosa è mai successo a questo social network che solo qualche anno fa contava 40 milioni di utenti? Scopriamolo insieme.

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Nouncer: poteva essere Twitter, invece è mancato il coraggio

Nouncer

Già, Nouncer ci racconta proprio questo: la storia di una start up in cui di certo non mancavano le idee, ma la voglia di provarci veramente.

Tutto nasce nel 2006, quando Eran Hammer decide di iniziare a lavorare su un servizio web di microblogging che sarebbe dovuto diventare un social network. L’idea era partita in modo curioso: l’azienda per cui lavorava Hammer aveva spostato il suo team da uno stabile in cui ogni dipendente aveva il suo ufficio, a uno in cui c’era un unico open space. Ciò, spiega il fondatore di Nouncer, aveva comportato un considerevole aumento di malumori tanto che “si producevano più pettegolezzi che codici C++”.

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H2Mob: ottimo social italiano semplicemente scomparso

h2mob

Nei miei articoli precedenti ho sempre e solo parlato di startup che con l’Italia avevano poco o nulla a che fare.

Tanti giornalisti e tanti addetti ai lavori mi hanno chiesto il motivo.

Beh, il fenomeno startup in Italia si può dire si sia realmente sviluppato solo negli ultimi 3-4 anni, con un boom negli ultimi 2: troppo pochi per capire se poi effettivamente una startup sia ormai alla frutta o abbia ancora speranza di farcela.

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Boompa, il social per gli appassionati di auto, morto per mancanza di cash

Boompa

“Ormai esistono social network su qualsiasi argomento. Se ce ne sono persino su cani e gatti, perché non ne dovrebbe esistere uno sulle macchine?”

L’idea di partenza di Dave Snider ed Ethan Lance non fa una piega. Per quale motivo, allora, Boompa.com, la loro web community dedicata ai fanatici di automobili, ha dovuto chiudere dopo pochi mesi di vita?

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